lunedì 17 ottobre 2011

LA VASCA DI RESTRIZIONE SENSORIALE (M. Palmieri)


La vasca di restrizione sensoriale: un esame psicofisiologico delle prospettive di utilizzo

Massimiliano Palmieri
Psicologo, Roma

La descrizione
La prima vasca di restrizione sensoriale fu messa a punto dal Dott. J.C. Lilly, medico con studi di psicoanalisi e specializzato in neuropsicologia.
Egli, mentre si occupava della questione dell’origine dell’attività conscia del cervello, scoprì che la restrizione sensoriale nella vasca, cioè l’assenza in questa dei normali stimoli a cui siamo abituati (luce, suoni, odori, la percezione della forza di gravità, le sensazioni tattili), proiettava la mente in stati elaborati d’esperienza interna.
Le moderne vasche di galleggiamento costituiscono un’evoluzione della vasca di Lilly; costruite in vetroresina, sono riempite con una soluzione satura di sali di EPSOM (MgSO4-7H2O); ciò equivale ad una salinità pari a cinque volte quella del mare, per cui il galleggiamento è possibile in soli venti centimetri di liquido.
La temperatura dell’acqua è mantenuta alla stessa dell’epidermide, lo strato più superficiale della pelle, per cui il contatto con questa è quasi impalpabile.
La restrizione sensoriale è ottenuta per mezzo dell’ambiente insonorizzato, buio, termoregolato e dalla straordinaria capacità di galleggiamento che permette la soluzione salina, che crea condizioni di riduzione della gravità e facilita il rilassamento muscolare.
La limitazione delle stimolazioni provenienti dall’esterno produce un fenomeno chiamato “risposta parasimpatica”; tensione muscolare, pressione sanguigna, battito cardiaco e consumo di ossigeno si autoregolano verso condizioni ottimali, così come la produzione di ormoni legati allo stress, come adrenalina, cortisolo e acetilcolina, che vengono sostituiti dalle benefiche endorfine.
Inoltre, le onde cerebrali subiscono una modificazione; dallo stato beta (attività di veglia cosciente) attraversando lo stato alpha (rilassamento senza pensieri), arrivano allo stato theta (rilassamento profondo); quest’ultimo stato si sperimenta di norma, pochi istanti prima di addormentarsi, ma nella vasca può essere prolungato per gran parte della sessione.
L’uso della vasca di galleggiamento è indicato per problemi quali: asma, artrite reumatoide, emicranie, mal di schiena, insonnia, oltre che per l’evoluzione personale e l’esplorazione della coscienza.
Le uniche limitazioni sono patologie come l’epilessia, la schizofrenia o problematiche psichiatriche gravi.
Inoltre, all’interno della vasca, se lo si desidera, è possibile ascoltare musica, vedere filmati o, grazie ad un sistema di ventilazione, fare aromaterapia.
Ritengo tale premessa descrittiva fondamentale, anche se, mi rendo conto che possa apparire troppo stringata, ma enumerare esaurientemente tutte le caratteristiche della vasca di galleggiamento richiederebbe veramente molto spazio; il lettore desideroso di avvicinarsi a questo strumento di conoscenza, potrà comunque personalmente approfondirne i dettagli tecnici e consultare i testi, seppur pochi, che ne parlano, indicati in bibliografia.

Lo stato theta
Caratteristica fondante e pertinente a numerosi stati di coscienza che chiamano in causa un ampliamento dell’Io, una sua espansione, incluso quello sperimentabile all’interno della vasca di galleggiamento, è la presenza, sul tracciato elettroencefalografico, di chi questi stai li sperimenta, di onde chiamate “theta”.
Attraverso le tecniche di registrazione dell’attività elettrica cerebrale, l’elettroencefalografia per l’appunto, è possibile rilevare differenti misure di ampiezza e di frequenza, al variare dell’attività del cervello stesso, e quindi anche dello stato di coscienza.
Troveremo quindi sul tracciato elettroencefalografico, diverse bande di frequenza: la beta, generalmente sopra i 15 Hz, che si evidenzia in condizioni di elevata vigilanza; la banda alpha, normalmente compresa tra 8 ed 11 Hz, tipica della veglia rilassata in condizioni di scarsa stimolazione visiva; quella denominata theta, che ha frequenze comprese tra 3,5 e 7,5 Hz, che è caratteristica dello stato di transizione dalla veglia al sonno profondo, e la banda delta, con frequenze minori di 3,5 Hz (onde lente), che costituisce il sonno profondo vero e proprio (Horne, 1988).
Buona parte del sonno umano, circa il 45%, è composto dallo stadio 2, caratterizzato dalla presenza di attività con frequenza theta, da fusi del sonno e da complessi K.
I fusi, denominati anche attività sigma, consistono in raffiche di onde di 12-14 Hz, della durata di 0,5-1 secondi e sono presenti in tutti gli stadi del sonno, eccetto nello stadio 1 e nel sonno REM e sono particolarmente evidenti durante lo stadio 2, che è composto per la gran parte di onde theta (ibidem). Ricordiamo che Il sonno umano è suddiviso in stadi.
La veglia, talvolta chiamata anche stadio 0, è contraddistinta da attività alpha e beta.
Lo stadio 1 costituisce in realtà una transizione dalla veglia al vero sonno, ed occupa di solito solo il 5% di questo; è caratterizzato da attività theta e scomparsa del ritmo alpha.
Lo stadio 2 occupa il 45 % del sonno.
Lo stadio 3 costituisce sopratutto una fase di transizione fra lo stadio 2 ed il 4 e rappresenta il 7 % circa del sonno; contiene attività delta, che occupa una percentuale compresa tra il 20 ed il 50 %.
Quando la durata di tale attività supera il 50 %, si raggiunge il sonno profondo, lo stadio 4, che rappresenta meno del 13 % del sonno totale.
Il sonno REM compare regolarmente durante il corso della notte; l’intervallo di tempo che separa l’inizio di un episodio REM, dall’inizio del seguente, nell’uomo è di 30 minuti.
All’interno della vasca di restrizione sensoriale, la significativa riduzione degli stimoli esterni proietta il soggetto in uno stato che, elettroencefalograficamente può definirsi theta; questa particolare condizione contraddistingue anche numerosi stati meditativi profondi, ma essendo presente nello stadio 2, viene considerato alla stregua di questo, come quella parte del sonno della quale si può fare a meno, sebbene ne occupi anche la maggior parte.
Ora, se mettiamo insieme questi dati, avremo che: 1) lo stato theta contraddistingue la fase di transizione dalla veglia al sonno profondo delta; 2) tale stato può essere prolungato nella vasca attraverso la restrizione sensoriale (Hutchinson, 1984) o con tecniche meditative che comunque comportano una drastica riduzione della stimolazione esterna; 3) lo stadio 2 di sonno è quello di cui l’essere umano può privarsi più facilmente senza risentirne (Horne, 1988).
Abbiamo due dati contrastanti: lo stato theta, all’interno dello stadio 2 di sonno, è lo stato che meno ha bisogno di essere recuperato ma, un suo prolungamento porta a livelli di coscienza profonda che, “oltre alla crescita personale ed all’espansione della normale consapevolezza, ci dona sensazioni di benessere” (Hutchinson, 1984).
Se non c’è pazienza, ma se c’è tanto meglio ?
Al di là di questa profana osservazione, un dato però è certo: questo particolare tipo di attività elettrica cerebrale rappresenta sempre più oggetto di indagini nell’ambito degli studi sugli stati di coscienza e forse potrebbe costituire un importante indice psicofisiologico utile per “mappare”, diciamo così, cambiamenti degli stati di coscienza stessi.
Non da ultimo, c’è da considerare uno stato di coscienza specifico, lo stato ipnagogico, all’interno del quale l’attività theta raggiunge percentuali molto elevate (durante la veglia questo tipo di attività elettroencefalografica raggiunge di norma solamente il 4%).
Lo stato ipnagogico è altrimenti noto come “stato di pre-sonno” ed è la condizione mentale che precede l’addormentamento.
A livello psicofisiologico è caratterizzato da un profondo rilassamento somatico, con la cessazione dei movimenti volontari, la diminuzione del tono muscolare, della frequenza cardiaca e di quella respiratoria.
A livello nervoso centrale, il correlato neurofisiologico più importante è l’alta densità elettroencefalografia proprio del ritmo theta.
A livello mentale lo stato ipnagogico si caratterizza per la presenza di un notevole numero di fenomeni.
Si assiste al cambiamento della processualità con cui si svolge il pensiero, al passaggio dal processo di pensiero secondario, logico-critico, al processo primario, associativo-intuitivo (Margnelli, 2004).
In realtà i due processi co-esistono e si alternano l’un l’altro in modo continuo, cosicché la coscienza della veglia è come “spettatrice” di un’esperienza (allucinatoria ed intuitiva) che in un certo qual modo le sfugge al controllo (ibidem).
Si ritiene che la comparsa del processo primario corrisponda ad una vera e propria attivazione della coscienza del sogno che, dunque, coesisterebbe con quella della veglia, alternandosi in modo subentrante ad essa, fin dall’inizio del sonno (ibidem).
Lo stato ipnagogico è caratterizzato inoltre, da un fenomeno detto di “autosimbolizzazione”, che sembra dimostrare la stretta vicinanza tra la coscienza della veglia e quella del sonno; esso consiste nella tras-formazione di un percetto sensoriale che raggiunge ancora la coscienza della veglia, in un’allucinazione ipnagogica; un rumore o un suono, per esempio, possono essere trasformati in un contenuto allucinatorio che può andare anche molto oltre il significato della sensazione originaria (ibidem) e questo è proprio ciò che si verifica sovente all’interno della vasca di restrizione sensoriale (Hutchinson, 1984).
Il simbolo di infinito che riunisce tra loro l’estasi ed il samadhi simboleggia la possibilità di passaggio dall’uno all’altro stato senza dover transitare per le tappe dei continuum ergotrofico e trofotrofico.
I numeri da 35 a 7 sono coefficienti di variabilità elttroencefalografica secondo Goldstein ed indicano che l’aumento di attivazione ergotrofica si accompagna ad una netta diminuzione della variabilità EEG.
I numeri da 26 a 4 sul continuum trofotrofico esprimono le frequenze in Hertz che predominano negli stati beta, alpha e theta (Fischer, 1971).


Come avviene la restrizione sensoriale all’interno della vasca ?
La vasca di galleggiamento permette di ottenere una condizione molto particolare, in cui tutti gli stimoli sensoriali che normalmente entrano in contatto con i nostri organi di senso, vengono ridotti, ristretti appunto, così che al nostro cervello resta molta energia, in termini di attenzione/consapevolezza, inutilizzata.
Come ho già accennato prima, i testi che tratto la vasca di galleggiamento sono veramente pochi, e pressoché nessuno spiega in termini esaurienti come avvenga realmente la restrizione sensoriale al suo interno; è per questo che ho cercato, per mezzo di uno schema, di evidenziare, spero in modo comprensibile, come tutte le afferenze sensoriali vengono limitate, limitando quindi anche l’attività dei recettori coinvolti.

La restrizione sensoriale viene ottenuta attraverso modalità diverse per ciascun sistema sensoriale.
Per quanto riguarda sia le stimolazioni tattili propriamente dette, che quelle di tipo termico, la limitazione sensoriale è ottenuta mantenendo sia la temperatura della soluzione, che quella dell’aria, alla medesima dello strato superficiale della pelle (l’epidermide), così che la soglia dalla quale in poi i recettori cutanei iniziano ad inviare i loro segnali (circa 35 C°), non viene superata (Hutchinson, 1984); ciò si traduce in assenza di stimolazioni tattili.
Per quanto riguarda i recettori visivi, l’ambiente all’interno della vasca è completamente buio, quindi ciò che viene segnalato al sistema nervoso centrale dagli occhi è questo, un ambiente assolutamente privo di luce. Questo, è del resto soggettivamente comprensibile, all’interno della vasca di galleggiamento, dal momento che, anche dopo l’adattamento dei recettori visivi all’ambiente privo d’illuminazione, l’apertura e la chiusura in rapida successione degli occhi, non permette di vedere alcunché.
I recettori acustici, presenti all’interno del sistema acustico (vestibolo-cocleare), non ricevono alcun tipo di input dall’esterno, poiché il galleggiatore indosserà prima di entrare, dei tappi per le orecchie che si adattano perfettamente ai condotti auricolari, chiudendoli ermeticamente.
Le cavità nasali costituiscono un ingresso ed un’uscita per l’aria che respiriamo; durante questi processi, le particelle odorifere presenti nell’aria, vengono a contatto nella mucosa nasale, con i recettori olfattivi che le analizzano segnalando poi a livello centrale, al cervello, che è stato percepito uno specifico odore, perciò se volessimo eliminare, all’interno della vasca, la possibilità di percepire gli odori, avremo la necessità di chiudere le cavità nasali, influendo così però anche sui processi respiratori.
Premesso ciò ipotizzo che, per quanto attiene gli input sensoriali olfattivi, subentri un processo di abituazione piuttosto che di restrizione.
Sempre all’interno del sistema acustico (vestibolo-cocleare) sono presenti altri tipi di recettori, oltre a quelli deputati alla trasduzione del suono, che hanno il compito di provvedere ad inviare al cervello, parte delle informazioni relative alla propriocezione, nel senso di fornire dati che, integrati con altri, segnaleranno la posizione del corpo nello spazio (Kandel, Jessen, Schwartz, 1985).
Il sistema deputato alla rilevazione della posizione del nostro corpo nello spazio (propriocettivo vestibolare) è influenzato direttamente, per ciò che qui ci interessa, attraverso la potente spinta antigravitaria che i sali di EPSOM esercitano sul corpo; questo crea una condizione di assenza di gravità, o meglio, di microgravità, che sopprime le afferenze di origine gravitaria provenienti dall’orecchio interno (organi otolitici nel vestibolo) (Perrìn et. al., 1987). Gli organi otolitici, presenti nell’orecchio interno, nella sua porzione vestibolare, hanno la funzione di rilevare l’accelerazione lineare cui è sottoposto il capo durante il movimento e la posizione di questo rispetto alla forza di gravità; per approfondimenti, vedi un qualunque testo di neuroanatomia.
La forte spinta fornita alla persona impegnata nel galleggiamento è adeguata a contrastare la forza di gravità, non così potente da annullarla, ma capace di ridurla in misura notevole.
Proprio perciò è necessario, per correttezza, parlare di microgravità, anche se per comodità di esposizione ho utilizzato entrambi i termini come sinonimi.
Ciò dunque, si traduce in informazioni, a partenza dai recettori muscolari (propriocettori muscolari e tendinei) disposti in tutto il corpo, di microgravità (Hutchinson, 1984); il che significa che al sistema nervoso centrale non giungeranno più le informazioni necessarie al mantenimento del tono muscolare di base, occorrente per contrastare tale forza; inoltre, dopo che il cervello ha ricevuto questi dati dalla periferia somatica, a sua volta li invierà ai recettori prima menzionati, influenzandoli ulteriormente, nel senso di una ulteriore riduzione di tono, in un gioco circolare tra il centro-cervello e la periferia corporea.
Le informazioni circa la microgravità, come su esposto, comportano la soppressione delle afferenze provenienti dall’orecchio interno responsabili della de-codifica del segnale gravitario.
Ora, dato che sono numerose le evidenze di un’influenza di tali afferenze sul riflesso che media la posizione del corpo in base alle informazioni provenienti dall’orecchio interno stesso (riflesso vestibolo-spinale), nelle differenti condizioni di gravità (Parker, 1981, Vedi anche Lackner, The equilibrium system of astronauts, 1992, per il confronto della situazione microgravitaria ottenibile nella vasca di galleggiamento, con una condizione patologica degli astronauti in condizioni di gravità zero, “il mal di spazio”), si renderà evidente il ruolo che gli organi presenti nell’apparato vestibolare (orecchio interno) hanno nella modulazione del tono posturale (muscolare); ciò quindi darà origine a scambi di informazioni, mediate dal sistema nervoso centrale, tra gli organi otolitici, all’interno dell’orecchio ed il sistema muscolare; informazioni di riduzione del tono (tensione) muscolare di base, poiché la microgravità non impone il mantenimento di questo, come invece accade in condizioni di normale stimolazione sensoriale.
Il punto centrale dello schema sono proprio le informazioni provenienti dal sistema muscolare; la riduzione del tono muscolare porta alla modifica della percezione del proprio corpo, dei confini corporei, dei confini del proprio Io, che a sua volta porta ad una modifica della coscienza di base (approccio per sistemi a gli stati di coscienza; Tart, 1975), che a sua volta, in un gioco circolare tra centro e periferia corporea, influenzerà la percezione dei propri confini corporei.
Sappiamo inoltre che, modifiche della coscienza possono influenzare il sistema vestibolo-cocleare (l’orecchio interno), nella sua porzione vestibolare e che questo è variamente interconnesso alla percezione dei propri confini corporei (Schilder, 1935).
Dunque, le informazioni di assenza di stimolazioni a livello cutaneo, visivo, acustico, olfattivo e propriocettivo muscolare e vestibolare, vengono trasmesse attraverso reafferentazioni di ritorno, al sistema nervoso centrale e questo a sua volta contribuisce ad influire sullo stato di coscienza. Sostengo l’assenza, indistintamente per tutte le afferenze sensoriali, solo per comodità, poiché abbiamo visto che per la percezione olfattiva non è così.
La vasca di galleggiamento dunque, permette la riduzione di gran parte delle afferenze sensoriali, proiettando il galleggiatore in una realtà “altra”, dove i confini corporei, ma possiamo parlare di confini dell’Io, essendo questo insediato nel corpo, si fanno via via sempre più labili ed indistinti permettendo vissuti di fusione con l’ambiente circostante e di espansione della coscienza.

Indistinzione, coesione e trascendenza dell’Io attraverso il percorso dell’appoggio e della fiducia
Le modalità con le quali si esplica la restrizione sensoriale all’interno della vasca di galleggiamento e i dati che ho ottenuto dalla mi ricerca, oltre a costituire un’evidenza del legame stretto che esiste tra la modifica della coscienza ordinaria, che avviene all’interno della vasca stessa, ed il sentimento “unitivo” (De Martino, 2000), o di “fusione oceanica” (Freud, 1929), potranno essere presi in considerazione alla luce dell’enorme importanza che vengono ad assumere i confini corporei per l’individuo, rappresentanti come sono del primo contatto di questo con l’ambiente esterno, ma anche veicoli per esperienze autorealizzanti implicanti la temporanea perdita dei contorni corporei stessi.
Ora, se consideriamo l’importanza di possedere dei confini corporei elastici, tali da permettere una buona relazione con gli altri, è possibile ipotizzare che la vasca di restrizione sensoriale possa essere utilizzata in questo senso, che con essa sia cioè possibile una ri-definizione dei confini dell’Io meno rigidi, in modo tale da permettere una gestione più sana delle relazioni interpersonali.
La definizione-indistinzione dei confini costituisce una tematica importante per lo sviluppo del bambino nei primi mesi di vita.
Questi passerà gradualmente da un’esperienza simbiotica, di fusione con la madre (fase simbiotica; Mahler, 1978), di “illusione di un confine comune tra loro”, di “onnipotenza e grandiosità” (Kohut, 1971), attraverso esperienze di “frustrazioni ottimali”, alla separazione ed alla percezione di sé come distinto dall’altro.
Questo processo rappresenta la “maturità narcisistica”, che nella sua progressione passerà obbligatoriamente per il corpo, inteso come elemento strutturale dell’Io e per la definizione dei confini di questo, poiché “in questo ambito la coesione dell’Io non può prescindere dalla coesione dei processi corporei” (Ruggieri, Fabrizio, 1994).
Viene appreso un procedimento in virtù del quale, attraverso la guida intenzionale delle proprie attività sensorie ed un’opportuna azione muscolare, è possibile distinguere fra ciò che è interno, di proprietà dell’Io, e ciò che viene dal mondo esterno” (Freud, 1929).
La graduale differenziazione del me dal non-me è legata inoltre al concetto dell’appoggio, della scarica delle tensioni; dall’etero-appoggio, dall’appoggio sull’altro, si passa, nel corso della maturazione, all’auto-appoggio, alla capacità di scaricare il proprio peso corporeo e così di ridurre le tensioni muscolari.
L’esperienza dell’appoggiarsi è inoltre saldamente ed inscindibilmente legata alla costruzione della fiducia, che viene appresa già nel corso delle prime esperienze diadiche madre-figlio (Ruggieri, 2001).
Lo sperimentare nel bambino la sensazione di “caduta”, di mancanza del fondamentale etero-appoggio da parte della madre, causerà un innalzamento delle tensioni muscolari che in definitiva avranno lo scopo di opporsi al vissuto di “inconsistenza e disgregazione” incombente.
La capacità di appoggio (influendo notevolmente sul controllo delle tensioni muscolari) è strettamente collegata alla postura, all’atteggiamento posturale, che a sua volta riflette fedelmente la rappresentazione mentale che il soggetto ha di sé (tema legato all’immagine corporea), indicando come esso si colloca nel mondo e come esso immagina la propria relazione corpo-spazio, Sé-altro.
E’ possibile quindi, che l’individuo porti con sé tale nucleo fondamentale anche nell’età adulta, nucleo legato alle esperienze protomentali di sicurezza-insicurezza, stabilità-instabilità, incluse nella tematica diadica madre-figlio, indicate come modulatrici ed organizzatrici delle tensioni posturali di base nel corso della vita (ibidem).
L’operazione di costruzione dei confini corporei, separanti l’Io dal non-Io è uno dei processi fondamentali “protomentali”; sviluppando questo processo il soggetto costruisce attivamente non solo l’Io, ma anche il non-Io nella forma dello spazio esterno a sé.
Il termine “protomentale” è stato coniato da Bion (1962) per individuare e descrivere una particolare modalità di funzionamento della mente, che è presente e predominante nelle primissime fasi dello sviluppo.
Con tale termine questo autore intende riferirsi ad una serie di processi che si collocano in un’area di confine tra il somatico e lo psichico; sembra quasi che egli voglia così cogliere il momento in cui nascono i primi processi mentali.
Necessaria alla distinzione dell’Io da tutto ciò che non è tale, è la presenza di confini corporei stabili che, in sostanza limitino il nostro spazio interno (dalla pelle verso l’interno) dal nostro spazio esterno (dalla pelle verso l’esterno).
Si comprende dallo schema precedente come, nell’operazione di costruzione dello spazio siano coinvolti più canali sensoriali simultaneamente; visivo, acustico, propriocettivo (muscolare-somatico), ed è proprio questo ultimo che svolge la funzione particolare di componente base per la costruzione dell’esperienza corporea, della presenza dell’Io, esperienza che quindi è alla base sia della costruzione della propria immagine corporea, sia alla base della costruzione dello spazio esterno.
Nel modello psicofisiologico integrato, definito anche bioesistenzialista (Ruggieri, 1988) la circolarità del processo di costruzione dell’immagine corporea è centrale; questa si viene a formare nella regione del cervello chiamata lobo temporale e viene intesa come un sistema funzionale che è la risultante dell’integrazione di tutte le informazioni sensoriali. Ricordiamo che il “modello psicofisiologico integrato bioesistenzialista” in psicologia, studia ed integra i livelli funzionali biologici e psicologici, mentre prevede una circolarità tra l’attività del sistema nervoso centrale e la periferia del corpo; per approfondimenti del modello e della trattazione dell’immagine corporea, vedi Ruggieri, 1988, 1994, 1997a, 2001, e più recenti.

Dalla periferia del corpo provengono continuamente afferenze che contribuiscono a ri-strutturare in ogni momento l’immagine corporea.
Ora, all’interno della vasca di restrizione sensoriale, la potente spinta antigraviatria che permettono i sali di EPSOM, offrirà un appoggio attraverso il quale il soggetto potrà permettersi di “lasciarsi andare”, di “fidarsi”, scaricando il peso e riducendo le tensioni muscolari; il tutto sostenuto dall’aumento della permeabilità dei propri confini corporei, quasi come se fosse possibile sperimentare di nuovo l’epoca in cui la distinzione tra sé e l’altro era labile. I numerosi appellativi utilizzati per denominare la vasca di galleggiamento, fanno spesso riferimento a questa condizione unitiva di in distinzione calda e simbiotica.
Gran parte della problematica narcisistica, è considerata, all’interno di numerosi modelli dello sviluppo psicologico, come dipendente da interferenze intercorse in questo processo basilare che è caratterizzato dal passaggio dall’etero-appoggio (per esempio, appoggiarsi sulla madre, o all’interno di una psicoterapia, sul terapeuta) all’auto-appoggio (Ruggieri, 2001).
Penso che per molte situazioni cliniche implicanti una cattiva definizione, percezione e/o fruizione dei propri confini corporei, ergo delle proprie tensioni corporee, con un adeguato sostegno terapeutico durante le sessioni con la vasca, attraverso quindi la gestione ottimale del passaggio dall’etero-appoggio fornito dal terapeuta all’auto-appoggio realizzabile a causa della spinta data dai sali, sia possibile la trasposizione in un nuovo contesto (quello dell’età adulta e della sopraggiunta capacità maturativa) delle problematiche che sono la causa del disagio, permettendone un’analisi più approfondita ed accurata.
Per mezzo del “contenimento” che il terapeuta avrà l’obbligo di porre in atto1 (Poiché, a causa dell’assenza di una adeguata integrità narcisistica, potrà accadere che le temporanea negazione che l’Io dovrà fare di sé per aderire alla totalità esterna, porti il soggetto ad esperire angosciosi vissuti dis-integrativi; si può, in sostanza, essere sopraffatti da materiale emotivamente carico che non si è pronti ad affrontare. La riduzione delle tensioni muscolari, come accade nella vasca di restrizione sensoriale, può risultare pericoloso, se a questa non si accompagna un rinforzo dell’Io, rinforzo che inizia dalla costruzione dell’autofiducia attraverso concrete esperienze di appoggio e contenimento. La letteratura reichiana (Reich, 1973) chiama in causa proprio la liberazione dai “blocchi di energia” (rimozione meccanica delle contratture muscolari) come possibile causa delle estreme reazioni di angoscia di questi pazienti), il paziente potrebbe, attraverso l’acquisizione di una nuova rappresentazione dei propri confini corporei, sperimentare e gradualmente ottenere, il passaggio dalla condizione simbiotica di indifferenziazione tra se e l’altro, ad una nuova condizione di integrità ed unità che genererà il “piacere dell’esserci, il piacere narcisistico derivante dalla integrazione degli eventi corporei” (Ruggieri, 1997a).
Questa modalità di approccio proposta chiama in causa l’appoggio ed il contenimento, che potranno realizzarsi in maniera molto graduale, partendo dalle prime esperienze di indistinzione con l’altro, di confini comuni, fino a giungere alla separatezza auspicata, necessaria ad un buon vissuto dell’esserci.

La via muscolare al mondo transpersonale: oggettività scientifica all’interno di un’esperienza totalizzante
I muscoli, con le loro afferenze propriocettive forniscono una base sensoriale per la costruzione nucleare dell’immagine corporea.
Il calo del tono muscolare che avviene nella vasca di restrizione sensoriale, accompagnato dalla maggiore permeabilità dei confini corporei, permette la temporanea assenza delle sensazioni relative ai contorni del proprio corpo; un ritorno ad una condizione di “stato unitivo dal quale alla nascita saremo stati strappati” (De Martino, 2000).
Freud e Rolland (Freud, 1929), discutevano principalmente sulla “fusione oceanica”, sulla possibilità che questa rappresentasse il requisito per l’ottenimento in vita di un sentimento di religiosità; l’esperienza di assottigliamento dei confini corporei risulta parte integrante di questo processo.
La conferma del fatto che, data la residenza dell’Io all’interno dei confini corporei, l’Io stesso si espande verso l’esterno, o meglio diviene maggiormente permeabile verso l’ambiente esterno, supporta anche una altro dato, a prima vista marginale, se si adotta un’ottica clinico-terapeutica ortodossa; il sentimento inclusivo e fusionale dell’Io che è possibile sperimentare all’interno della vasca di galleggiamento si accompagna ad una modifica della coscienza di base, che rende evidente il nesso, da più parti indagato, tra la psicologia e la fisiologia, di questi stati “unitivi”.
Ovviamente quindi, queste considerazioni non possono non tener conto delle possibili utilizzazioni degli gli stati modificati di coscienza in ambito psicoterapeutico.
Nei “vissuti di confine”, negli “stati altri”, che rappresentano un trascendimento dei contenuti ordinari della coscienza, si assiste alla scomparsa dei normali limiti corporei, alla con-fusione tra questi ed il mondo circostante, “la sfera della coscienza estende il proprio diametro all’infinito, fino a farla coincidere con la sfera del cosmo, in un’indistinzione in cui l’individuo concepisce il cosmo stesso come personalità e le origini dell’universo come fatto psichico” (Venturini, 1995).
Se il nostro abituale senso dell’Io separato dall’altro, è fortemente ridotto o temporaneamente abolito in uno “stato di coscienza modificato”, ci si può sentire molto più vicino ad un’altra persona (Tart, 1975), come in una sorta di empatia esponenzialmente amplificata dall’assenza di confini.
Qui entra in gioco “la psicologia transpersonale che, superando il limite dell’identità personale, estendendo al di là dei confini individuali, lo studio di aspetti importanti dell’umanità e della vita, si è fatta erede dell’arte della trascendenza” (Venturini, 1995).
Nell’auto-trascendenza (che in definitiva è dei confini del proprio Io) sembra potersi ritrovare la risposta a domande che riguardano il cammino dell’uomo e la sua autorealizzazione; infatti è proprio attraverso la ricerca di questi “stati altri” che, per mezzo dell’identificazione con la coscienza universale, si può realizzare una condizione di profondo cambiamento mentale, nella direzione del superamento della soggettività biografica (ibidem).
La transizione ed il mutuo scambio dei contenuti auspicati rende evidente la necessità di una “temporanea” sospensione dei limiti tra l’Io ed il mondo esterno.
Sostiene Venturini che “al fine di operare quella reintegrazione del mondo in cui dovrebbe esitare il processo di autorealizzazione, è necessaria una ristrutturazione dell’assetto ordinario dei sistemi psicologici, il superamento dei loro confini e la realizzazione di un atteggiamento an-egoico; questo a sua volta, richiede, per prodursi, un cambiamento dello stato di coscienza, ottenuto attraverso il riassetto dei sottosistemi dell’elaborazione dell’input (Tart, 1975), del vissuto corporeo, dell’identità, etc.; è l’identità transpersonale la nuova identità che dilata quella (la vecchia) personale e si realizza con il portare in campo l’infinito, a cui l’Io personale si ancora in un processo di autotrascendenza, centrato sul cambiamento di coscienza” e sulla temporanea negazione della propria distinzione con il mondo esterno.
E’ infatti proprio in quella coscienza ordinaria e dualistica, che distingue e contrappone soggetto ed oggetto, Io e mondo, che si realizza il vissuto della separazione e del disagio avvertito dall’uomo. In termini di “approccio per sistemi agli stati di coscienza” (ibidem), l’Io è definito come avente continuità, coesione e coerenza nel suo funzionamento e come modificabile attraverso un cambiamento nel modello in cui questo funziona.
L’utilizzo della vasca di restrizione sensoriale, concepito come un’esperienza psicofisiologica globale può “aprire” a spazi mentali, ricordi rimossi dal campo della coscienza che, in un contesto di modifica di questa, diventano materiale da integrare nell’ambito della più ampia riorganizzazione dell’Io, attraverso l’autotrascendenza ed il superamento di quelli che Lilly (1967) chiamava i “meta-programmi”.
Il superamento di questi può avvenire solamente in un contesto di nuova definizione del proprio Io che, attraverso il superamento della concezione duale soggetto-oggetto, “mira al ritorno a quel sentimento omnicomprensivo che corrispondeva in passato ad una più intima com-unione con l’ambiente” (Freud, 1929).
Ecco allora il perché della doverosa necessità di attenzione che la psicologia transpersonale merita.
Le esperienze descritte da Grof (1998) quando parla delle Matrici Perinatali di Base (MPB), altro non sono che il verificarsi del trascendimento dei normali limiti personali e dell’Io che riportano esperenzialmente l’individuo “indietro” attraverso il canale del parto, ad una condizione di beatitudine indistinta, di regioni senza confini, quasi che l’utero venga nuovamente a rappresentare il canale di comunicazione tra la nuova, temporanea e più breve condizione di labilità dei propri confini e la progressiva ri-definizione di questi, in un contesto di maggiore capacità di analisi dovuta alle sopraggiunte capacità maturative.
In un ambiente come quello della vasca di restrizione sensoriale, sostenuto dal fenomeno della “risposta parasimpatica”, è possibile affrontare con maggiore serenità questo tipo di “ri-definizioni”, sostenuti come si è da un cambiamento che è: di tipo biochimico, che implica la riduzione dei livelli ormonali legati allo stress, come il cortisolo, così come la messa in circolo delle benefiche endorfine (Turner, Fine, 1990); di tipo fisiologico, che interessa la riduzione della tensione muscolare, della pressione arteriosa e della frequenza respiratoria (ibidem); di tipo neurologico, dato l’ottenimento della sincronizzazione emisferica, che amplia le potenzialità di sviluppo umano includendo un utilizzo migliore e maggiore dell’emisfero destro (Hutchinson, 1984); di tipo psicologico, poiché la possibilità di ottenere tutti questi numerosi effetti benefici, ivi inclusa una migliore disposizione verso l’ambiente esterno, attraverso una maggiore permeabilità dell’Io, permette di essere maggiormente consapevoli attraverso l’autoesplorazione e l’autoindagine, di cognizioni e/o azioni che in qualche modo sono cruciali nella propria storia; di tipo sociale, per la possibilità di apertura verso gli altri, di migliorare il contatto con questi, di gestire in modo sano e migliore le relazioni interpersonali.
In ambito clinico applicativo, si è constatato che spesso gli interventi di tipo psicoterapeutico, basati solo sul colloquio, e/o di tipo farmacologico non bastano, mentre le esperienze interiori intense e dirette posseggono un grande potenziale sanante e trasformativo.
Il punto di incontro tra la psicoterapia classica e l’universo delle esperienze “totalizzanti e annullanti” caratteristiche delle filosofie orientali, è rappresentato dalla psicologia transpersonale che, aperta alla dimensione spirituale, è stata sviluppata da quegli psicologi che riconoscono l’esistenza di livelli di coscienza che trascendono i normali confini dell’Io e del pensiero razionale.
Questi allargarono il campo di studio, includendovi non solo la patologia, ma anche l’individuo sano con le sue potenzialità, e constatarono che a volte delle crisi esistenziali portavano ad esperienze trasformative che spingevano l’individuo alla realizzazione di sé e ad una nuova consapevolezza. L’induzione e l’utilizzo degli stati di coscienza alterati, in qualsivoglia modo vengano ottenuti, sono inserite, e da questa non si separano, nell’ambito della più ampia “ipotesi generale del set e del setting”, elaborata ad Harward negli anni settanta; il modello generalizzato del “set e del setting” negli stati modificati di coscienza, è una teoria che risale alle prime ricerche sugli psichedelici, iniziate da Timothy Leary, Ralph Metzner e Richard Alpert.
La teoria prendeva in esame i fattori dell’atteggiamento individuale (set), che comprendono attitudini interiori, personalità, motivazioni, aspettative, ed i fattori esterni (setting), quelli cioè relativi al contesto, all’ambiente esterno sia fisico che sociale, compresa la presenza di altre persone, come il terapeuta, il medico o la guida.
Certo, sarà necessario che vengano compiuti ancora studi sulle effettive potenzialità della vasca, nel senso della verifica della stabilità dell’effetto di maggiore permeabilità dei propri confini corporei attraverso il tempo, così come saranno necessarie altre indagini, che andranno ad analizzare puntualmente se l’ottenimento della possibilità di fruire di una maggiore permeabilità dei propri confini, sia migliorabile attraverso più sessioni.
Ritengo quindi saggia la conduzione di ulteriori studi che ne testino le piene potenzialità e che quindi ci permettano di utilizzarla in modo coscienzioso e giusto; al pari sono persuaso che sia palese la necessità di attenzione, che anche le altre metodiche d’introspezione e di modifica della coscienza, meritano.
Il transpersonale, come indagato da Wilber, Grof e Venturini, rappresenta la fonte inesauribile della conoscenza umana, che lungi dall’essere dimenticata, risiede nelle architetture neuronali dei nostri cervelli e può essere considerato come la chiave di volta per la comprensione prima e l’attuazione poi, di condotte più giuste e rispettose verso tutti.
Speculazioni filosofiche di tal sorta, per avere un qualche rispetto scientifico, debbono però essere accompagnate da dati verificabili che ne testino la valenza; questo mio piccolo contributo vuole essere uno di questi.

[Tutto il materiale presente in questo articolo, è tratto da un lavoro di Tesi di Laurea in Psicologia Clinica, con la cattedra di Psicofisiologia clinica dell’Università La Sapienza di Roma, dal titolo: “Indagine della variazione nella percezione dei confini corporei nella vasca di restrizione sensoriale”, perciò numerosi argomenti sopra esposti sono stati, per esigenze di spazio, volutamente sintetizzati; il lettore che stimolato dalla curiosità, volesse approfondirne i contenuti, potrà prendere contatti con la SISSC, responsabile della rivista in cui l’articolo stesso è inserito]



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I MISTERI ELEUSINI E LA RIVOLUZIONE PSICHEDELICA (C. Ruck)

I misteri eleusini e la Rivoluzione psichedelica (*)

Carl A.P. Ruck

Filologo e Storico delle religioni,
Università di Boston (USA)

 

          R. Gordon Wasson ha lanciato la “rivoluzione psichedelica” con l’articolo del 13 maggio 1957 pubblicato su Life, nel quale rendeva pubblica la sua esperienza della notte del 29-30 giugno 1955, nel lontano villaggio di Huautla de Jiménez in Oaxaca con la curandera o sciamana mazateca María Sabina, la cui identità egli cercò di proteggere sotto lo pseudonimo di Eva Mendez. L’articolo in questione fu il primo a utilizzare lo scioccante termine “funghi magici”, termine probabilmente inventato dall’editore del giornale. Da banchiere internazionale professionista quale era, Wasson era il candidato meno appropriato per un ruolo del genere. Nello stesso anno, lui e la moglie, Valentina Pavlovna stavano per pubblicare il testo Mushrooms, Russia, and History, iniziato nella metà degli anni Quaranta come libro di cucina, con una sola nota a piè di pagina riguardo “la nobile arte della conoscenza dei funghi nella pratica degli Slavi del Nord”. L’articolo su Life era in effetti pubblicità per il libro, che fu munificamente pubblicato a spese dei Wasson in edizione limitata di sole 512 copie, e portò il libro all’attenzione del largo pubblico: il valore originario di 175 dollari è adesso aumentato fino a diverse migliaia, cosa di cui Wasson poteva esser fiero, come di un buon investimento.
          La nota a piè di pagina era intanto cresciuta fino a sostituire il testo originale, come nei piani. Qui si erano dilungati nel descrivere l’incanto di un evento che risaliva al loro matrimonio nel 1928, quando Valentina, nata in Russia, durante la loro luna di miele aveva insistito nel raccogliere funghi, che l’Anglosassone Gordon chiamava toadstool (sgabello di rospo), e [per lui] tutti disgustosi e velenosi. Negli anni di ricerca che seguirono, mentre proseguivano nelle loro distinte attività, lei come pediatra, scoprirono che il loro stesso atteggiamento dicotomico verso quel vegetale era ben documentato nelle tradizioni e nelle arti folcloristiche europee, cosa che li portò a sospettare l’esistenza di un antico tabù ben sedimentato riguardo l’uso profano di un sacramento religioso, che era ancora praticato, come scoprirono, dagli sciamani di alcune popolazioni della Siberia, alle quali naturalmente non potevano giungere per via della politica di quel periodo.
Comunque, nel 1952, Robert Graves spedì loro un ritaglio di giornale di un’azienda farmaceutica che citava un articolo che Richard Evans Schultes, che sarebbe presto diventato il Direttore del Museo Botanico di Harvard, aveva pubblicato in una rivista specializzata dall’edizione estremamente limitata più di dieci anni prima, e in cui parlava dell’uso dei funghi psicoattivi da parte degli indigeni delle montagne del Messico meridionale. Wasson conosceva Graves fin da quando il poeta e romanziere lo aveva contattato per la prima volta, chiedendogli modi per avvelenare qualcuno con i funghi, mentre scriveva il libro I Claudius (Io, Claudio- ed italiana.TEA, Milano, 2000), pubblicato nel 1934. Graves fu il primo ad identificare correttamente le sculture mesoamericane in pietra chiamate mushroom-stones. Fu questa l’informazione che fece unire i Wasson con Schultes, ed alla fine al chimico svizzero Albert Hofmann.
Tutto questo sembrava rispondere alle domande che Wasson e la moglie si erano posti, e li fece partire alla ricerca dei loro sciamani mazatechi. Furono raggiunti dal micologo francese Roger Heim del Museo Nazionale di Storia Naturale, che Wasson aveva incontrato a Parigi nel 1949, mentre cercava il permesso di fare alcune riproduzioni per i disegni di Russia, Mushrooms, and History.

L’articolo del giornale Life innestò un’ondata di sperimentazione con questi funghi; ad esempio, Timothy Leary mangiò i funghi magici in Messico prima ancora di provare l’ LSD o altre sostanza psicoattive; e fu solo il 25 marzo 1966 che Life pubblicò un articolo sull’ LSD come un farmaco psichiatrico fuoriuscito dal controllo.
          La popolarità dei funghi condusse alla loro finale classificazione come sostanza controllata o proibita negli Stati Uniti ed in ogni altra parte del mondo, cosa che Wasson non avrebbe mai voluto accadesse. In effetti, la sua opinione era che le droghe psicoattive (tranne l'alcool) avrebbero dovuto essere il più economiche possibile, disponibili in farmacia senza alcuna prescrizione. Wasson finì anche per rendere Maria Sabina ed il suo villaggio una meta per quelli che ogg sono chiamati “narcoturisti”, e declassò i funghi, che, come dicevano i Mazatechi, una volta “ti portavano dove si trova Dio”, tanto che Maria Sabina si lamentò che “nel momento in cui arrivarono gli stranieri, i ‘sacri bambini’ persero la loro purezza, la loro energia, essi li avevano rovinati; per cui non avrebbero più funzionato; a ciò non ci sarebbe stato rimedio”.
          Nell’inseguire la cultura della droga, Wasson, la cui moglie morì nel 1958, riuscì a non buttarsi allo sbaraglio, condannando l’uso delle droghe per quello che lui vedeva come scopo ludico, piuttosto che illuminazione spirituale. Andrew Weil, in un articolo pubblicato poco dopo la morte di Wasson nel 1986, lo rimproverò di essere stato snob ed elitario, “relegando la maggior parte di coloro che hanno sperimentato le sostanze sacrali alla categoria di quelli di Tim Leary ed affini
          Wasson aveva paura di venire contaminato dall’associazione con alcuni dei più noti sostenitori di quelle sostanze dalle quali egli stesso era rimasto affascinato. Tutto ciò avveniva sullo sfondo della Guerra Fredda e della competizione da parte del governo degli Stati Uniti con l’Unione Sovietica per quanto riguardava gli agenti chimici a scopo di spionaggio e controllo mentale. Albert Hofmann aveva scoperto gli effetti allucinogeni dell’LSD durante la sua famosa passeggiata in bicicletta dell’aprile 1943, e li aveva descritti in una pubblicazione farmacologica svizzera nel 1947. Il governo degli Stati Uniti era già stato in competizione con i Nazisti nella ricerca di un siero della verità, ma l’Agenzia fu impiegata per la conclusione della guerra; tuttavia quando furono scoperti gli esperimenti dei Nazisti con la mescalina nel campo di concentramento di Dachau, gli Stati Uniti ricominciarono i loro studi sulla mescalina. In concomitanza con le notizie sull’LSD che alla fine apparvero nell’ American Psychiatric Journal nel 1950, gli Stati Uniti erano già impegnati in esperimenti segreti.
          E già nel 1951 la donchisciottesca e carismatica super-spia, nonché imprenditore, Captain Al Hubbard, il cosiddetto “Johnny Appleseed (Giovannino Semedimela) dell’LSD”, aveva “acceso” migliaia di persone, tra cui scienziati, funzionari della Intelligence, diplomatici, e personaggi della chiesa.
          Durante le sessioni mazateche, i Wasson avevano fatto esperienza del potenziale divinatorio dei funghi messicani. Il resoconto della loro prima seduta notturna con Aurelio Carreras, il genero di Maria Sabina, il 15 agosto 1953, due anni prima che mangiassero loro stessi i funghi, venne intenzionalmente celato nel volume di Russia, Mushrooms, and History. Wasson descrisse l’evento in modo più completo nel suo ultimo libro, Persephone’s Quest. “Ho sempre avuto paura” scriveva “di quelli che praticavano un tipo di pseudo-religione della telepatia, per me erano persone di cui non fidarsi; se le nostre scoperte fossero finite alla loro attenzione, avremmo corso il pericolo di essere adottati da questi indesiderabili”.
          Carreras, senza suggerimenti o domande, fu capace di dire esattamente ai Wasson che il loro figlio Peter non stava a Boston comecredevano, ma a New York, che si stava per arruolare nell’esercito, e che un membro stretto della famiglia sarebbe morto entro l’anno.
          Nel febbraio del 1955, Wasson menzionò l’accaduto ad Andrija Puharich, quando si incontrarono per bere qualcosa nell’appartamento della jet-setter Alice Bouverie, che aveva saputo della ricerca dei Wasson da un bibliotecario della Biblioteca Pubblica, mentre si documentava sui funghi psicoattivi. Puharich, un medico e parapsicologo di origine croata nato in America, a quel tempo era capitano dell’Esercito Americano, dislocato al Centro per la Guerra Chimica e Biologica Fort Detrick di Edgewood nel Maryland e lavorava per la CIA sul controllo mentale con agenti chimici ed altri mezzi; con il permesso di Wasson, passò diligentemente le informazioni su Carreras ai suoi associati dell’Esercito, il che potrebbe essere stata la causa dell’infiltrazione della talpa della CIA James Moore, provvisto di generosi finanziamenti, nella spedizione in Messico fatta da Wasson nel 1956, la qual cosa rivela quanto lo spionaggio guardasse al fungo divinatorio come ad un potente strumento del suo arsenale. Moore pensò che il viaggio fosse decisamente poco piacevole e, nonostante avesse partecipato alla seduta, si fosse sentito male ed avesse perso otto chili, andò via con un pacchetto di funghi con l’intenzione di isolare e sintetizzare il composto chimico, cosa che in effetti Albert Hofmann riuscì a fare prima di lui.
Heim li identificò come Psilocybe caerulescens e l’agente psicoattivo fu chiamato psilocibina.
          Quando Wasson incontrò di nuovo Puharich a giugno, lo invitò ad unirsi alla spedizione di quell’estate a Oaxaca; questi declinò l’invito perché era stato appena congedato dall’esercito ed era impegnato a riorganizzare il suo laboratorio nel Maine. Ma si misero d’accordo per mettere in piedi un test. Wasson doveva indovinare cosa stava facendo Puharich nello stesso momento in cui lui stava facendo la sessione. Come risultò, le date erano sbagliate, e questa fu l’occasione in cui per la prima volta Wasson mangiò i funghi. Ma Wasson, che non sapeva niente della sistemazione del laboratorio del Maine, fece l’esperienza di un viaggio dell’anima in cui, a quanto sembra, visitò il laboratorio, fornendo un’accurata anche se inverosimile descrizione del locale come una sorta di fienile. In seguito Puharich descrisse un’esperienza molto simile, del viaggiare ad una grande distanza ed acquisire informazioni accurate, più accurate che se l’esperienza fosse stata reale, riuscendo a descrivere il motivo della carta da parati di una stanza che allora era stata ridipinta.
          In effetti, come testimoniò Masha Britten, figlia di Wasson, dopo la morte di Gordon, anche lei durante le sue visioni fu capace, in un’occasione, di librarsi sopra la Terra e riscendere, finendo per poi far visita ad amici che abitavano lontano. Anche sua madre ebbe una chiara visione di una città, ed in seguito, dirigendosi verso Mexico City seguendo un percorso differente, guardando in giù da una montagna, si rese conto che era la città della sua visione. Nel 1960, lo stesso Puharich, imitando le spedizioni etnografiche di Wasson, capeggiò un viaggio di ricerca sugli altipiani del Messico, dove il brujo (mago) Blas García gli mostrò un fungo chiamato Sacro Coniglio; gli disse che con esso si poteva volare sul Pacifico e vedere posti molto lontani. L’esperienza personale di Puharich fu di essersi proiettato negli “interni di un palazzo monumentale dopo l’altro”.
          Tutte queste esperienze paranormali erano indotte dai funghi Messicani, ovverosia Psilocybe, i cui effetti psicoattivi erano stati in passato sconosciuti agli stranieri.
          La ragione per cui Bouverie, che era una sensitiva o “channeler”, aveva fatto incontrare Wasson e Puharich aveva a che fare con un curioso episodio con l’ Amanita muscaria. Senza volerlo, nel giugno del 1954, era rimasta coinvolta in una strana esperienza psichica, quando aveva mostrato a Harry Stone, uno scultore olandese, un’antica pergamena egizia; anche se questi non conosceva né l’Egiziano né l’arte egizia, fu posseduto da un personaggio che in seguito venne identificato come Rahótep, vissuto 4.600 anni prima, e, nel corso di simili occasioni nei tre anni seguenti, Harry si mise a parlare Egiziano, scrisse in geroglifico, e rese noto il ruolo dell’Amanita nel culto e nell’arte divinatoria degli Egizi. Puharich offrì un resoconto dell’intera questione nel suo The Sacred Mushroom: Key to the Door of Eternity, pubblicato nel 1959. Nonostante Wasson avesse mantenuto rapporti cordiali con Puharich, e questi nel 1961 lo avesse messo al corrente di suoi esperimenti di laboratorio che evidenziavano un significativo miglioramento nella capacità telepatica di coloro che avevano ingerito l’Amanita muscaria, Wasson lo mise in guardia contro la pubblicità negativa da parte della Associated Press in seguito alla pubblicazione dei suoi esperimenti di percezione extrasensoriale, anche se era lo stesso tipo di notorietà che l’articolo su Life aveva assicurato a Wasson stesso.
          Non sembra plausibile che Puharich potesse aver inventato l’intera faccenda di Harry Stone, soprattutto perchè contemplava la conoscenza dell’Egiziano; ma la micologia era al di fuori dell’interesse degli Egittologi, anche se in antichità l’Egitto era famoso per le sue droghe, e funghi erano presenti in contesti che avvallerebbero il loro impiego durante certi rituali. In effetti, Kahlil Gibran, figlio del poeta libanese, nel 1960 propose a Wasson l’acquisto della figurina in bronzo di un dio egiziano, probabilmente Seth, con funghi che gli crescevano sul capo; Gibran, che era un estimatore di funghi, aveva letto il libro di Puharich e solo qualche mese prima aveva venduto a Wasson una figurina pre-colombiana raffigurante un fungo. Nonostante ciò, Puharich è stato in genere accusato di speculare sul lavoro di Wasson, e, come molta gente coinvolta nella rivoluzione psichedelica, altri aspetti della sua attività tendono a screditarlo, nonostante l’aiuto ricevuto da importanti enti governativi. In seguito seguì la carriera del medium israeliano Uri Geller, che poteva piegare i cucchiai psico-cineticamente; fece anche dei documentari sul guaritore brasiliano Arigo, che diagnosticava e rimuoveva un cancro al pancreas in soli due minuti con l’aiuto di un coltello arrugginito e senza anestesia o sterilizzazione; inoltre allenò un gruppo di bambini alle tecniche della proiezione astrale in una fattoria dello stato di New York, con l’obiettivo di fare una visita improvvisata al Cremlino. Egli credeva anche negli UFO e negli extraterrestri, e capeggiò la Round Table Foundation, i cui membri erano reincarnazioni delle nove divinità degli Egizi, e che nei vari periodi, compresero Aldous Huxley, Gene Roddenbury, il creatore di Star Trek, e L. Ron Hubbard, il fondatore della pseudo-religione chiamata Scientology.

          Wasson conosceva Huxley e lo riteneva un ingenuo, ma il suo Doors of Perception, pubblicato nel 1954, è la classica descrizione di un’esperienza visionaria indotta da peyote/mescalina. Egli introdusse il vocabolo “psicoattivo” nell’epilogo al suo testo Devils of Loudon pubblicato nel 1952; e, nonostante il suo interesse in tali sostanze risalisse al “soma”, la droga del suo Brave New World [Il Mondo Nuovo] del 1931, non ebbe alcuna esperienza personale fino alla fine degli anni Quaranta, quando diventò un eloquente sostenitore dell’uso delle droghe a scopi mistici e trascendentali, fino alla sua morte nel 1963, quando ormai le visioni erano vissute da un uomo quasi cieco. Il suo trapasso fu reso più facile da una dose di LSD, un uso già proposto da Valentina nel 1957.
          Wasson emerse come l’autorità il cui riconoscimento veniva ricercato dagli altri nel campo, e si trovò coinvolto in un imbarazzante triumvirato con Timothy Leary, il cui proselitismo giudicava ingenuo e rischioso, destinato ad una vita da fuorilegge, e con Carlos Castaneda, il cui Teachings of Don Juan pubblicato nel 1966, ebbe persino più influenza nel popolarizzare gli aspetti paranormali dell’esperienza psichedelica. Castaneda affermava che il suo sciamano Don Juan Matus fosse un intimo conoscente di Maria Sabina. Un paio di volte, Wasson ebbe contatti con Castaneda ed all’inizio lo prese sul serio, “un giovane sicuramente onesto e serio”, ma quando il primo libro fu seguito da una serie di volumi, uno più stravagante dell’altro, Wasson cominciò a sospettare una bufala, opinione sostenuta anche da Leary. Vi erano espressioni colloquiali che mancavano del loro equivalente in Spagnolo, e Wasson richiese una copia del diario di viaggio di Castaneda, che questi non fu in grado di fornire.
          Il giudizio finale di Wasson, comunque, fu che Castaneda era “un povero pellegrino perso nel tragitto verso il proprio Ixtlán”, nonostante i libri fossero un autentico esempio di poesia etnica, con lo stile, così come egli stesso disse, di She di H. Rider Haggard, un romanzo sull’archetipo femminile, una regina Africana bianca, apparso in serie a cominciare dal 1886.
          Nel 1963, Wasson andò in pensione, imbarcandosi nello stesso giorno su una nave mercantile diretta in Oriente per raccogliere materiale pubblicato nel 1968 in Soma: Divine Mushroom of Immortalità, scritto con la collaborazione di una giovane indologa, Wendy Doniger O’Flattery; nel libro individuava le origini della micofobia europea nell’importazione del culto fungino indoeuropeo, culto documentato tra gli antichi Ariani, identificando la pianta-dio Soma dei Veda come Amanita muscaria. Dal 1965, quando ritornò dall’Estremo Oriente, fino alla sua morte, visse nella sua tenuta di Danbury nel Connecticut, estraniandosi dalle controversie sorte dopo la sua identificazione del Soma, e cercando ulteriori conferme alla sua ipotesi.
          Quando ciò avvenne, con l’opera di John Allegro Sacred Mushroom and the Cross pubblicata nel 1970, Wasson non lo riconobbe, con molto dispiacere di Allegro. Da studioso amatoriale, Wasson si allontanava dalle opinioni dei professionisti. Sia lui che Valentina avevano sempre sospettato che ci fosse stato un culto dei funghi nel Cristianesimo, e che sarebbe stata la più vicina ed ovvia ragione della micofobia europea. Con questo pensiero in mente, avevano visitato la piccola cappella risalente al dodicesimo secolo di Saint-Éligie de Plaincourault nel lontano 1952, l’anno prima di dirigere l’attenzione verso la Mesoamerica. L’affresco nell’abside raffigura l’Albero della Genesi in maniera decisamente fungiforme, riconoscibilissimo persino nella specie, l’Amanita dal cappuccio rosso, con le sue caratteristiche verruche bianche residuo del velo embrionale che si perde con la crescita del fungo. Si ritiene che l’affresco possa risalire al 1291, anche se probabilmente era già là nel 1184, commissionato dai Crociati dell’Ordine di Malta reduci dalla Terra Santa. I Wasson sospettavano anche che la passione dei Manichei per i funghi rossi e l’eresia dei catari, che fiorì in quella regione, presupponesse un’Eucaristia con i funghi. Ma i Wasson sospesero velocemente la loro ricerca, quando l’eminente storico dell’arte Erwin Panofsky affermò che l’albero-fungo era semplicemente la rappresentazione comune, all’interno dell’arte medievale, del Pino ad ombrello stilizzato. A dire la verità, gli storici dell’arte sbagliavano: si tratta di funghi ed in contesti enteogenici, come nell’albero di Plaincourault, poiché l’affresco di fronte raffigura l’omonimo della cappella, il maniscalco Eligius che presiede un’iniziazione verso l’Eletto, identificando così la costruzione con un rituale cataro di Comunione psicoattiva. Nonostante Wasson avesse abbandonato con riluttanza il caso dell’affresco, lo riprese come “chicca” nelle considerazioni per il lettore all’interno del suo Soma.
          Il padre di Wasson, un prete episcopale, scrisse un libro su Religione e Il Bere, [Religion and Drink], pubblicato nel 1914, e non si stancava mai di dire al figlio che il primo miracolo di Cristo fu quello del banchetto di nozze a Caana, e che l’ultimo fu l’Eucaristia; e Wasson descrisse la propria sessione notturna con i funghi come una Sacra Comunione. E fu suo padre il primo a dirgli del sacramento del Soma. Si dilettava anche a fargli notare i brani più imbarazzanti narrati nella Bibbia.
          Allegro, il linguista e studioso dei Rotoli del Mar Morto, un accademico con credenziali impeccabili nella conoscenza delle lingue Classiche e del Vicino e Medio Oriente, aveva già pubblicato diversi libri; aveva letto le opere di Wasson e le aveva apprezzate, sapeva delle sue scoperte messicane, aveva accettato la sua identificazione del Soma come agarico muscario e naturalmente aveva tratto le conclusioni che Wasson era ancora riluttante a trarre.
          Allegro, l’unico ateo nel gruppo di studiosi che lavoravano sui Rotoli, presentò la propria ricerca sull’uso del fungo in Terra Santa con l’aperto proposito di smontare la validità della tradizione giudeo-cristiana. Egli fece l’errore di ipotizzare che una simile Eucaristia visionaria avrebbe reso il Cristianesimo un credo vergognoso, nonostante fosse consapevole che Wasson ed altri stessero documentando la vitalità ancora valida e prospera di tali sacramenti in altre religioni.
L’inaspettato rifiuto sdegnoso fu immediato ed offensivo. Due corposi libri furono stampati di fretta in circa sei mesi. Gli furono letteralmente strappate di dosso le credenziali accademiche: non c’era prova di quello che diceva, e per quanto concerneva i suoi critici, il fungo nemmeno cresceva nel Vicino Oriente. Allegro fu devastato a livello personale dal rifiuto offensivo operato nei confronti dei suoi studi. Allegro, che fino a quel momento non aveva mai provato una sostanza psicoattiva, stava rispondendo con avversione all’atteggiamento di quel periodo, contrassegnato dall’abuso diffuso ed a casaccio nonché irresponsabile di sostanze psichedeliche, misto al fermento di transizione politica e generazionale, che portò persino Mircea Eliade, l’autorità riconosciuta in fatto di religione, misticismo e sciamanesimo, a rifiutare le evidenze del ruolo delle piante nello sciamanesimo in Siberia ed in ogni altro luogo, ed a dichiarare che le droghe erano caratteristiche solo dell’ultimo decadente stadio di un culto, permettendo così solo una comunione allucinatoria non autentica con il Divino. Inevitabilmente, chiunque la pensava diversamente fu accusato di aver devastato la propria mente con le droghe.
          Wasson scrisse ad Allegro, ma non ricevette mai risposta, probabilmente perché questi si sentiva rifiutato in malo modo. Wasson aveva appena pubblicato una lettera che attaccava il libro nel The Times Literary Supplement, evidentemente senza averlo letto, e giudicando come tutti i suoi critici la documentazione linguistica aldilà della propria competenza. Allegro si sentiva anche rifiutato da Robert Graves, che aveva usato il famoso bassorilievo di Farsalo come copertina per la sua edizione revisionata del 1960 dei Miti Greci (Greek Myths), raffigurante le dee Persefone e Demetra ognuna con in mano un fungo, probabilmente Amanita, mentre invece Graves avrebbe dovuto avvallare di buon grado le descrizioni del culto orgiastico di Dioniso di Allegro. Nel suo Food for Centaurs, pubblicato nello stesso anno, Graves insinuava ciò che il bassorilievo rende esplicito, cioè che la mistura dei Misteri Eleusini conteneva un fungo psicoattivo. Fu un’idea proposta per la prima volta da Wasson in una conferenza del 1956, anche se si era astenuto dall’usare il bassorilievo di Farsalo come prova fin quando, come riporta Graves, non ricevette la prova di un esperto, che aveva evidentemente tratto profitto dalla sconfitta di Plaincourault.
           Nonostante il fatto che fossero tutti nella stessa barca, Graves scrisse a Wasson nel 1972 che Allegro, che non aveva potuto diffondere la propria argomentazione iconoclasta sulla morte della religione all’interno di The End of the Road, era un imbroglione.
           La mia stessa iniziazione all’intera questione avvenne dapprima con una copia di Il Fungo Sacro e La Croce, che notai in un negozio di libri a Londra, mentre io e Blaise Staples stavamo comprando un’auto per andare a trascorrere in Grecia un anno sabbatico. La piccola Volkswagen era piena di cose da leggere, i romanzi inglesi più lunghi, visto che ti davano il massimo per il denaro che spendevi, la nostra biblioteca itinerante, che comprendeva come riferimento una copia degli affascinanti e conosciuti Miti Greci di Graves. Non si capisce come Graves, che ha scritto più di 140 libri, fosse stato così ignorato dagli stessi colleghi Classicisti, e perché il suo bassorilievo di Farsalo fosse stato lasciato senza alcun commento. Allegro rappresentò la mia introduzione, specialmente il suo studio su Dioniso, visto che aveva a che fare con materiale con il quale avevo familiarità; le sue note a piè di pagina riguardo Wasson mi diressero verso Soma e tutto il resto, che all’epoca forse ho evitato perché non conoscevamo nulla riguardo le tradizioni Vedica e Mesoamericana, o riguardo lo sciamanesimo in generale.
           Il mio lavoro sul materiale portò a due studi in cui esaminai ciò che alla fine potevo più facilmente definire come consustanzialità enteogenica, “Referenti Botanici nella Genealogia dell’Eroe”, cioè il fatto che gli dei e gli eroi condividono peculiarità con le piante sacre, quindi un’Eucaristia psicoattiva; ed uno studio sulla “pazzia di Ercole”, che fu causata, così come ho dimostrato, da agenti botanici. Blaise mi suggerì di mandarne alcune copie a Wasson. L’anno era il 1976. Quasi immediatamente, ricevetti una telefonata da Gordon; stava venendo a Boston e chiedeva se potevamo incontrarci. Andammo a cena insieme e, prima di lasciarci, mi propose un pranzo per il giorno seguente all’Harvard Club. Cominciò così un decennio di amicizia, con noi che gli facevamo visita a Danbury, e lui a noi a Boston e poi nel villaggio sul mare nel quale andammo a vivere.
          Egli aveva una segretaria che gli scriveva a macchina in modo professionale i manoscritti e la corrispondenza, ma per le lettere personali usava una vecchia macchina da scrivere manuale, che produceva caratteri che andavano fuori dalle righe ed in parte si incastravano gli uni con gli altri.
          Penso che fu proprio in occasione della nostra prima visita che Gordon propose di risolvere i Misteri Eleusini. Ci incontrammo nell’ufficio di Schultes, e Gordon ci presentò, dicendo chi eravamo in greco. L’udito di Schultes non era perfetto. “Frumento”, ripeté “Materia molto interessante”. In effetti, poi scoprii che doveva trattarsi proprio di frumento. Non ero a conoscenza del fatto che Graves era scivolato nel deterioramento senile che avrebbe messo fine alla sua vita nel 1985, e che Gordon mi aveva scelto come suo sostituto per i Classici. Come risultò, egli aveva precedentemente cercato la collaborazione di E. R. Dodds, autore di The Greeks and the Irrational (1951), ma Dodds aveva mantenuto una cortese distanza. L’identificazione del Soma da parte di Wasson contava sul ritrovamento di funghi in un’altra religione antica, in un altro posto dove gli Indoeuropei fossero migrati, parallelamente al loro spostarsi giù nella Valle del fiume Indo.
           Ed Eleusi era la candidata più probabile, poiché vi si consumava qualcosa e dopo si vedeva qualcosa. In teoria non poteva essere solo una droga, ma doveva essere un fungo. Tutto ciò per me era molto sorprendente, poiché avevo scritto su Dioniso ma conoscevo poco di Eleusi, e poiché era un Mistero, e quindi, come dichiarò nel 1960 Mylonas lo scavatore del santuario, esso non era risolvibile.
          In seguito andammo spesso in auto a Danbury, ma stavolta con la macchina di Gordon. Qualche anno dopo egli smise di guidare, anche se tenne la macchina, visto che era stato fermato perché guidava a velocità troppo elevata e dovette assumere un avvocato per non avere la fedina penale sporca. Non era ritornato sul progetto a noi proposto, ma ci pose una domanda mentre guidava: “Suppongo che voi giovanotti abbiate provato tutti gli allucinogeni che si conoscono!”. Esitammo, non proprio tutti.
          A cena incontrammo la sua governante Ivonne, che diventò la nostra frequente assistente, sempre troppo chiacchierona con i suoi ospiti, come affermava sempre Gordon, e, per questa prima serata, anche la vecchia tata dei suoi ragazzi, che era lì in visita, e Masha, sua figlia, un’infermiera, che sarebbe diventata il nostro supervisore. Gordon ci aveva descritto a malapena quello che avremmo fatto, eccetto che avremmo provato la pozione eleusina. Ciò sembrava essere illegale, e probabilmente lo era. Per prepararci, non avremmo dovuto mangiare. Non sapevamo chi, tra i commensali, sapeva cosa stava succedendo, ma ci sedemmo a cena senza mangiare nulla, ad eccezione di una zuppa al curry, che secondo Gordon non ci avrebbe fatto male.
           Quando la cena finì, Ivonne ci disse “Bè, buon divertimento!”, quindi lasciammo la casa padronale insieme a Masha, ed andammo verso il fienile, che era stato lo studio d’arte del precedente proprietario ed ora era il quartier generale privato e la biblioteca di Gordon.
           Nel luglio dell’anno precedente, quando Albert Hofmann andò a visitarlo, Gordon gli chiese “se l’uomo dell’antica Grecia avesse potuto trovare un metodo per isolare un allucinogeno dalla Claviceps Purpurea, così da permettergli un’esperienza paragonabile all’LSD o alla psilocibina”. Albert gli aveva fornito la risposta ed alcuni campioni, ed ora noi stavamo per provarli. In ogni caso, c’erano solo due dosi. Masha avrebbe avuto cura di noi se qualcosa fosse andato storto, ma non ci fu nulla da far fare a Blaise. Allora Gordon gli propose di prendere della psilocibina.
           Ingerimmo le pozioni, ci avvolgemmo in lenzuola per ripararci dal freddo, e ci sedemmo vicino al fuoco del caminetto, mentre Maria Sabina salmodiava dal fonografo. Masha sedette in un angolo, leggendo il New York Times. L’ultima cosa che Gordon disse fu che era usanza di queste cerimonie l’osservare il silenzio; il che, ovviamente, era solo un’ammonizione al non chiacchierare. Quindi, io e Gordon aspettammo di ricevere la visita delle dee. Ma non successe nulla, come infatti annunciai verso mezzanotte. “Si”, disse Gordon “alquanto deludente”. Blaise, che nel frattempo aveva ingerito una sostanza psicoattiva ben conosciuta, stava avendo divertenti visioni di se stesso che veleggiava sui mari con Ulisse, ma non osava dir nulla per paura di intromettersi nella nostra ben più profonda esperienza. Quando fu chiaro che non eravamo in pericolo, Masha andò a letto e rimanemmo soli nello studio. Ed affamati, come proclamò Gordon, visto il digiuno osservato. Quindi, come dei ladri, ritornammo nella casa padronale, e saccheggiammo la dispensa di Ivonne, banchettando con birra calda e cracker, tutto ciò che riuscimmo a trovare.
           Il giorno dopo, quando ci incontrammo nello studio dopo colazione, Gordon ci mostrò un report di Albert riguardante il suo immuno-test; e decidemmo di portare avanti il progetto, sostenendo che il dosaggio che avevamo preso era stato insufficiente. Quindi, avevamo una sostanza che non funzionava molto, ed era mio compito mostrare come questa si potesse adattare ai Misteri. Veramente un compito difficile.
           Ma fu portato a termine. Imparai molto sull’etno-farmacologia e l’etno-botanica. E negli anni successivi alla prima edizione di The Road to Eleusis del 1978, molto di più è stato scoperto e una nuova versione della cosa presentava uno scenario più chiaro per la cerimonia ed un raffinamento della sostanza usata: non ergonovina separata dal complesso variabile delle tossine della Claviceps purpurea, ma ergina (ammide dell’acido lisergico) insieme al suo isomero isoergina prodotta dall’idrolisi dell’ergotamina tossica, prescritta nell’uso comune in dosi non tossiche come vasocostrittore nel trattamento dell’emicrania.
           Hofmann aveva fatto esperienza con tossine pure sintetizzate dalla Claviceps Purpurea, che differiscono dal prodotto naturale. La pozione eleusina era in effetti analoga all’Ololuihqui o estratto di ipomea dei Maya.
           I funghi così sfacciatamente ritratti sul bassorilievo di Farsalo non erano probabilmente il Mistero praticato ad Eleusi, vista la sua provenienza dalla Tessaglia nella Grecia Nordorientale. C’erano, infatti, santuari eleusini in altre parti della Grecia. C’erano, comunque, due livelli di iniziazione, ed apparentemente i funghi erano impiegati nei Piccoli Misteri, durante i quali il sacramento era riservato ad una singola persona, la donna a cui andò il titolo di Sacra Regina di Atene, la Basilinna, di cui si dice che dormì col dio Dioniso in una stalla di bue, il che è una metafora per l’estasi sciamanica indotta dall’Eucarestia del sacramento del “toro”. Ciò succedeva a febbraio sulle rive del fiume Ilissos ad Agrai, nell’Attica, a sud-est della città di Atene; un anno e mezzo dopo, venivano celebrati i Grandi Misteri intorno all’ultima settimana di settembre. Per fare ciò, diverse migliaia di adepti si riunivano ogni anno nella sala di iniziazione ad Eleusi e bevevano la pozione, che permetteva loro di viaggiare verso l’altro mondo e di riemergere nella sala con Persefone nel momento in cui ella partoriva il magico figlio concepito nel regno dei morti.
           Era qui che la Claviceps purpurea agiva come agente psicoattivo. Anche la Claviceps purpurea è un fungo, anche se nei gusci infestati dei cereali si vede solo lo sclerozio o massa indurita del micelio seccato. Tali gusci, comunque, sono come il seme che manca al fungo selvatico; e quando cade sul terreno, germoglia nei caratteristici corpi germoglianti a forma di fungo, riconoscibili ad occhio nudo. Ricordo l’entusiasmo di Gordon quando ricevemmo la fotografia fatta da Albert della Claviceps che fruttificava. Finalmente avevamo un fungo. E si addiceva all’intera mitopoeia del rapimento e resurrezione di Persefone, e dell’invenzione dell’arte della coltivazione. Il grano, l’orzo e le piante commestibili.
           Tutto ciò avrebbe causato una certa sensazione; un sacramento psicoattivo al centro del mondo classico greco-romano: come proclamava Cicerone, “tra le molte istituzioni divine ed eccellenti che Atene ha esibito, nessuna secondo me è meglio di quei Misteri”. Le più alte menti dell’antichità avevano fatto la stessa esperienza di estasi, che Gordon aveva scoperto in Mesoamerica: Platone, Socrate, i drammaturghi, i politici che andavano per la maggiore – da ormai duemila anni. L’esperienza psichedelica aveva formato la coscienza e la cultura occidentale.
           Per divulgare questa scoperta, Wasson cambiò la solita modalità e decise che non ci sarebbe stata alcuna edizione di lusso, ma solo una commerciale. Ciò sarebbe stato molto più iconoclastico di qualsiasi pubblicazione di Tim Leary. In ogni caso, non ci fu alcun comunicato stampa, alcuna risonanza pubblica, né contestazione né interesse; ma solo una tiepida recensione che, in effetti, non rigettò la teoria. E, quando Burkert ci citò durante le sue lezioni del 1987 ad Harvard, una decina d’anni dopo, accettò l’identificazione del Soma da parte di Wasson e definì la materia di Eleusi come un “indovinello sofisticato”, ma non lo capì, confondendo l’ergotismo con l’LSD, considerato da lui come “uno stato non piacevole e per niente euforico”. E ciò chiuse definitivamente l’argomento, per quanto concerneva i Classicisti.
           Come scrisse Terence McKenna: “Le idee che gli autori hanno esposto non sono state contestate, anzi sono state ignorate dagli specialisti della cultura della Grecia antica e classica. Questa situazione sembra convalidare la regola empirica approssimativa, secondo cui quando le idee sono controverse vengono discusse, e quando sono rivoluzionarie vengono ignorate”. Il grande pubblico era spaventato dalla rivoluzione psichedelica. Le stesse persone che vi avevano partecipato erano adesso genitori spaventati per i propri figli.
           Quando, nel 1986, Persephone’s Quest fu pronto per essere pubblicato, nessuna casa editrice aveva intenzione di prenderlo in considerazione, nonostante la grande pubblicità fattagli da Schultes, e nonostante il fatto che tutti i capitoli, ad eccezione del primo, erano già apparsi su altre pubblicazioni , finché non ci imbattemmo nell’Università di Yale, dove uno degli editori era stato un fan dell’argomento fin dagli anni Sessanta; Wasson non visse tanto a lungo da vedere il libro pubblicato, che è ancora in commercio.
           Il primo capitolo non era altro che il riassunto finale fatto da Wasson. “Mentre mi appresto a finire i miei giorni”, così cominciava, “ho deciso di scrivere un resoconto della nostra indagine sui funghi”. Quindi ritornava alla questione di un culto dei funghi all’interno della Cristianità. “Una volta dissi che non vi erano funghi all’interno della Bibbia”, scrisse. “Ma mi sbagliavo…Ritengo che il Frutto dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male sia il Soma, il kakuljá, l’Amanita Muscaria, che sia il Fungo senza nome dei popoli di lingua Inglese”.

          L’idea originale, secondo la quale il culto del fungo fosse arrivato in Europa con la migrazione verso Nord degli Indo-Europei, deve essere modificata. Naturalmente, nelle rotte commerciali che partivano dalla Persia, c’era stato anche un trasferimento a Sud. E gli immigrati trovarono il culto già ben stabilito tra le culture indigene, avente origine apparentemente dall’Africa, laddove i petroglifici preistorici trovati a Tassili n’Ajjer raffigurano sciamani e cacciatori che diventano consustanziali al sacramento del fungo. La stessa cosa accadde con i Conquistadores che ritrovarono gli stessi sacramenti eretici dell’elite europea nel Nuovo Mondo, ma scandalosamente rivelanti divinità pagane.
In un certo modo, l’Harry Stone di Puharich aveva ragione. Gli Egiziani avevano un culto del fungo. Il fungo magari non cresceva in modo spontaneo; c’era un commercio ben avviato nell’antichità, così come c’è oggi, di sostanze di tutti i tipi spedite facilmente e con profitto.
          E non solo la Cristianità ed i Misteri Eleusini condividono un’Eucaristia del fungo, ma la Grecia Classica era in contatto costante con i Persiani Achemenidi, e filosofi del calibro di Democrito conversavano con questi sciamani o magi, la cui versione dell’Eucaristia del Soma era chiamata Haoma. Significativamente, il mito della Natività di Cristo vede tre Magi arrivare il giorno dell’Epifania per accertarsi della sostituzione (da parte di Cristo). L’Haoma era stato introdotto in Occidente almeno nel primo secolo avanti Cristo, se non prima ancora, come Mitraismo, e diventò il culto ufficiale della fratellanza guerriera, degli uomini di Stato e degli imperatori, cioè dell’élite che amministrava l’Impero Romano. Nerone fu il primo ad essere iniziato all’ Eucaristia col “cibo magico”, come ha riportato Svetonio. La fondazione dell’Impero Romano era una vera e propria iniziazione alle sostanze fatta in sette stadi, una versione del culto di Soma/Haoma, e la struttura politica che essa creò era ciò che sarebbe diventata poi l’Europa. Con la conversione al Cristianesimo dell’imperatore guerriero Costantino, Mitra e i Misteri Eleusini furono sostituiti dalla nuova religione, che distrusse i santuari pagani, spesso costruendo le chiese con le pietre dei precedenti luoghi sacri e negli stessi loro siti, spesso dando solo la propria mera interpretazione dell’identico sacramento. La Basilica di San Vicente ad Avila sostituì un Mitreo che sorgeva lì vicino. Essa mostra sfacciatamente il fungo come banchetto celestiale sul timpano del portale, col portale stesso, come sempre, avente un distintivo disegno a forma di fungo, con l’apertura, con o senza il verbasco [mullein] che lo divide, che dà l’idea di un fusto che supporta l’emisfero del timpano come se fosse il cappellino. Il timpano stesso è la metà della forma di mandorla [mandorla] che rappresenta, secondo la tradizione, la vulva della dea, trasformata poi secondo il Cristianesimo nella porta del Paradiso. Solo l’élite, che riservava per sé stessa il contatto diretto con la divinità, avrebbe riconosciuto questo disegno a forma di fungo mentre si passava attraverso il portale allo spazio dedicato al culto; ma esso era sicuramente stato fatto con intenzione, un’indicazione della versione eretica dell’Eucaristia che rendeva perpetua una pianta sacra impiegata nei culti pagani che la Chiesa dominante aveva soppresso, e nelle versioni più antiche degli stessi riti Cristiani, così come è stata conservata nel pavimento a mosaico della stanza dell’agape ad Aquileia, risalente all’inizio del quarto secolo, con raffigurazioni di cestini pieni del fungo eucaristico. Già a Rinascimento inoltrato, gli strati più in alto all’interno della Chiesa facevano ancora esperienza di questi sacramenti visionari, che erano proibiti ai laici.
          Ci furono due aspetti della rivoluzione psichedelica: i liberali che ricercavano gli enteogeni per liberare la mente, ed i conservatori che cercavano di controllare la mente attraverso le stesse sostanze. Gli abusi e gli eccessi di entrambe le posizioni portarono al Controlled Substances Act del 1970. Mentre genitori indignati ancora cercano di fare inserire una sostanza dopo l’altra nella lista di quelle proibite, la rivoluzione ha anche acceso un forte interesse nella mitologia e nello studio comparato delle religioni, visto che quelli che ora sono genitori avevano cercato una guida per capire le proprie esperienze, facendo diventare best-seller libri quali Hero with a Thousand Faces di Joseph Campbell. Il movimento liberale ebbe successo con il Religious Freedom Restoration Act del 1993, che legalizzava l’Eucaristia fatta col peyote della Chiesa Cristiana Nativo-Americana. E, solo recentemente, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha applicato quest’atto ad un caso portato di fronte alla Corte di Giustizia dalla Brazilian Uniao do Vegetal del New Mexico, ed ha quindi legalizzato la loro Eucaristia cristiana fatta col tè di ayahuasca.
          I Misteri Eleusini furono citati durante l’istruttoria come un precedente di esperienza religiosa ordinata e benefica, indotta da un sacramento psicoattivo. Nonostante questa importante decisione abbia ricevuto scarsa risonanza da parte della stampa, rivendica comunque il ruolo di Wasson come il patriarca che presiede alla Rivoluzione Psichedelica.


(*) Relazione tenuta al convegno SISSC “La visionarietà nell’arte, nella scienza e nel costume”, Perinaldo (IM) 23-26 agosto 2006